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Opere & Recensioni

Recensioni

“L’Eterno Fluire Del Tempo“

Nel selezionare i lavori degli ultimi anni per questa esposizione Gaetano Roberto Monguzzi ha fortemente voluto circoscrivere gli aspetti e
le valenze del suo pensiero visivo con un rigore inconsueto nel mondo spettacolarizzato dell’arte contemporanea.
Con quieta, ferma e ormai matura capacità creativa ha voluto riaffermare oggi la vocazione per una linea analitico-compositiva che sottende tutto il suo lavoro e nello stesso tempo depurarne l’immagine da ogni sconfinamento nella descrittività fenomenica (Colpo di vento, 2002) o simbolica (Meditazione 1 e 2, e Via Crucis, 2002) che aveva caratterizzato alcuni lavori precedenti.
In passato i sassi di Monguzzi sono stati definiti “Pietre -Parole”. (Enzo Fabiani – 2003). Questo traslato definisce bene il “gesto”poetico dell’artista nel comporre il suo quadro. Spesso le sequenze di sassi si dispongono come versi di un componimento poetico e talvolta, come note di una composizione musicale, l’incidente di un sasso bianco tra i bruni improvvisamente squilla come una nota argentina (“Reperto 2009 – Serie “L’inizio” e P40”). Queste tuttavia sono annotazioni che si sovrappongono come ornamenti lirici alla definizione dei valori fondamentali della sua opera. Valori che sono da individuare nella sintesi visiva dei segni di un “ordine”, non solo quello formale, intimo e geologico dei sassi, ma anche quello concettuale, determinato dai percorsi seguiti dall’artista, nella genesi dell’opera.
Oggi Monguzzi si presenta consapevole che la potenzialità concettuale della Sua materia prima, il sasso, sia sufficiente in se stessa a esprimere il senso della sua ricerca. Così il sasso, benché oggetto povero nella considerazione abituale, è invece particolarmente ricco di misteriosi segni primordiali, capaci di suscitare suggestioni, pensieri e domande legate alla “consumazione” del Tempo. Ed è proprio grazie a questa consapevolezza che i suoi ultimi lavori manifestano lucidamente, attraverso sempre nuove variazioni compositive e per mezzo delle qualità morfologiche dei sassi, il concetto fondamentale della sua opera: l’eterno fluire del Tempo. Una lettura attenta di queste opere deve inoltre tener conto dello stato d’animo dell’artista nel corso del suo vagabondaggio alla ricerca dei sassi nell’aspra bellezza dei litorali Corsi (“Viaggio” 2009). Qui il sentimento più acuto che l’artista prova è lo “stupore”. Si ferma di fronte all’immensa linearità del mare e sente nel ritmico e denso schiocco della ghiaia trascinata dalla risacca di essere in presenza di un ordine cosmico superiore. Ma anche la sensazione di compiere una specie di gesto rituale antico nel sollevare il sasso prescelto per promuoverlo dal suo stato di povero elemento in balia del caos naturale a ”monade”di un “mondo” ricreato che lui si accinge a rappresentare. In molte di queste opere infatti appare con evidente intensità uno sfondo, trattato a pennellate scomposte che funge da contrappunto caotico all’ordine dei sassi. Esemplare in questo senso è il quadro “Senza titolo – 2009” dove si vede un tridente di sassi su uno sfondo scuro fatto di pennellate tempestose. Ma Monguzzi, provvidenzialmente, a riprova della intenzione cosmica del suo gesto, non ha ceduto alla tentazione di assegnargli
un titolo descrittivo come “Nettuno 2009”.
A questo punto va detto che la “scoperta” del sasso non è da considerare l’inizio del pensiero sull’arte da parte di Monguzzi. Per lui l’impiego dei sassi è la rivitalizzazione creativa, del tutto personale di una linea teorica e pratica che aveva conosciuto e in parte seguito negli anni 60 del ‘900. Occorre difatti risalire agli anni della sua giovinezza in una Milano in pieno fermento di dibattiti ed esperimenti creativi attorno alla variegata galassia dell’arte contemporanea. E in particolare a quei gruppi di artisti che entro l’Astrattismo, si opponevano a ogni cedimento soggettivistico-espressivo. Si tratta del Gruppo raccolto intorno alla rivista Azimut e alla Galleria omonima, a Milano appunto, a partire dal 1959-1960 (Manzoni, Castellani, Bonalumi, Colombo, DadaMaino ecc.), del Gruppo T pure di Milano e del Gruppo N di Padova. Questi gruppi avevano come campo d’indagine la visualizzazione o la costruzione di strutture attinenti alla geometria, alla fisica e in genere alle costruzioni fenomenologiche della visione e della cinetica secondo i principi di una rigorosa spersonalizzazione. Fu Bruno Munari, esponente lui stesso di questo ampio Movimento, che definì il lavoro di questi gruppi “Arte programmata” proprio perché fondata su un programma progettuale rigoroso.
A questo proposito scrive Marisa Vescovo su Art&Dossier (Astrattismo-Dicembre 1990): “…le radici di questo Movimento vanno cercate nelle poetiche delle avanguardie futuriste, dadaiste, costruttiviste e anche concretiste”.
Questi gruppi, hanno voluto teorizzare l’uso di materiali forniti dall’industria e nella loro opera entra la dimensione percettiva del TEMPO ottenuta attraverso la modificazione dell’oggetto sottoposto ad animazione meccanica.
Proprio in quegli anni Monguzzi si trova a frequentare quegli stessi ambienti, in particolare con l’artista amico
Antonio Scaccabarozzi. Ne assorbe idee e valori. Le parole sono spazio, superficie, dimensione, peso e i concetti: oggettività, modularità, scansione, tempo. Consapevole di quelle lontane radici l’artista lo dichiara apertamente nel 2000 titolando uno dei suoi primi lavori con i sassi: “Omaggio a DadaMaino”, una tavola con 182 sassi ordinati secondo un pattern scandito su un ritmo geometrico e coloristico aperto sui quattro lati quasi a indicarne l’espansione senza soluzione di continuità nello spazio e nel Tempo.

Alfredo Mastellaro, Milano Giugno 2010


Le pietre parole

Spesso, quando mi avviene di osservare un frammento d’antico affresco, o un ex voto, o un ricamo medievale con intessuti un Crocifisso con tutt’intorno i versi di una preghiera, o anche dei piatti di ceramica, e cioè opere monacali o artigianali eseguiti con  incantevole ed essenziale semplicità e materiali naturali e comuni; quand’osservo queste opere, dicevo non soltanto mi commuovo, ma mi viene da fare richiami e accostamenti con la poesia in specie popolare.
E qui mi permetto un mio parere, e cioè una simile e sublime semplicità può essere raggiunta anche dal poeta di professione che sia veramente grande, come lo fu Sandro Penna quando scrisse, da etrusco qual era “Io corro verso il fiume su un cavallo, – che quando penso un poco, – un poco egli si ferma”.
Si dirà: cosa mai c’ entrano questi richiami con le pietre di Gaetano Roberto Monguzzi? La risposta è semplice. Questa: per arrivare a creare dipinti, oggetto e versi che abbiano qualità simili a quelle sopra ricordate è indispensabile avere la rara virtù (che vuole dire forza), dello stupore, cioè la capacità di stupore, di cui erano dotati gli uomini, e in particolare i poeti e gli artisti, di secoli fa, e che hanno avuto la fortuna di ereditare alcuni dei nostri tempi: tra i quali Monguzzi.

Enzo Fabiani


Homo Faber – Homo Sapiens

Davanti alle opere di Gaetano Monguzzi colpisce la “necessità” delle scelte di volta in volta operate nella realizzazione di ciascuna di esse.
Si intuisce l’avvenuto connubio tra l’ ideare e il fare, la felice corrispondenza tra homo faber e homo sapiens. Monguzzi sceglie, manipola la materia primigenia  -la pietra- e le imprime il soffio vitale, con la disposizione che fa di ogni uomo pensoso un maestro di saggezza.
Ogni volta egli lancia il suo “sasso nello stagno”, cercando di trasmettere un messaggio per coloro che sono ancora in grado di coglierlo e che, per  indifferenza o distrazione hanno censurato curiosità e freschezza.
I Sassi di questo singolare artista ci guidano lungo un percorso molto stimolante.
Ai nostri occhi si presenta una sorta di land art.
Arte del microcosmo però, che non investe spazi sterminati, ma proietta nel nostro circoscritto mondo mediterraneo una dimensione immaginifica senza confini, resa possibile dallo straordinario, stratificato patrimonio culturale di quest’ area.
Nulla di naif, dunque in questo artista che, con un medium apparentemente facile ed un impianto a prima vista minimale, risponde a bisogni arcaici ma attuali: l’ uso buono e armonioso della natura, il saper essere a fronte della continua e mai appagata ricerca dell’ avere.

Fides Modesto Minazzi


L’uomo che amava le pietre

Una volta un uomo, dopo aver percorso mille strade e dopo aver solcato mille mari, arrivò su una spiaggia solitariae, per gioco prese un sasso per lanciarlo in acqua; ma, quando lo strinse tra le dita, sentì una sensazione inaspettata, un piacere imprevisto. Allora l’uomo si sedette sulla sabbia, guardò attentamente il sasso, lo accarezzò e lo trovò bellissimo; lo contemplò a lungo e infine se ne innamorò; allora se lo mise in tasca e lo portò via con sé.

Da allora tutte le pietre consumate dall’acqua e dal vento, dalle correnti e dalle maree cercano le mani callose dell’ uomo che le sa scaldare e amare, che le fa parlare e vibrare, che le sa custodire nell’archivio segreto del cuore e le sa collocare nell’ordine naturale delle cose.
Da allora tutte le pietre del mondo diventano nere quando l’uomo vuole dormire, diventano rosse  quando l’uomo vuole amare, diventano fredde come le luna se l’uomo suda e diventano calde come il sole se l’uomo trema.
Da allora tutte le pietre di tutte le forme e di tutti i colori volano sulle tele dell’uomo e si dispongono sui fondi d’oro e d’argento, sulle sue superfici bianche e grigie, sui suoi piani rosa e azzurri, sui suoi rossi e sui suoi neri.
Da allora tutte le pietre  del mare e della terra si trasformano in gemme e in gioielli per regalare all’uomo la loro ricchezza, si trasformano in stelle e in perle per donargli la loro bellezza.

Quest’uomo è Gaetano Roberto Monguzzi.

Le sue pietre sono parole d’ amore e numeri magici, simboli arcani e segni primordiali, tracce cristalline e note musicali.
Le sue pietre sono rappresentazioni minerali e totem arcaici, oroscopi primitivi e calendari naturali, rebus seriali e alfabeti cromatici.
Le sue pietre formano sequenze enigmatiche e schemi criptici, allineamenti mistici e schieramenti militari, spirali labirintiche e geometrie occulte.
Le sue pietre ci raccontano la storia del mondo, la fiaba dell’universo, il poema della natura, la leggenda dell’infinito e dell’ eterno.

Tocca a noi scoprire la sintassi di queste pietre-parole, la grammatica di questa lingua naturale, il segreto di questo codice minerale.

Vito Giuliana


La dolce durezza di mio padre

Le opere di Gaetano descrivono molto bene il suo carattere raccontano molte cose di lui, il bello dell’esperienza artistica è proprio questa possibilità di fissare in un momento, in un opera, in una tela una particolare emozione, un pensiero, un moto dell’animo e tramandarlo nel tempo per condividerlo con chiunque desideri soffermarsi e ascoltare, comprendere.
Osservatore curioso ed instancabile Gaetano ha la capacità di cogliere i particolari più intimi della realtà per valorizzarli e restituire dignità alle cose semplici, in  questo caso la scelta della materia non è casuale il ciottolo, da un lato elemento povero, freddo, duro, fisso, immobile, dall’altro modulo impareggiabile di un infinito gioco cromatico, creativo, ricco di sfumature e affascinanti combinazioni.
Gaetano racconta se stesso, il suo mondo, la sua esperienza il suo bagaglio fatto di amore per l’arte, la bellezza e la vita in tutte le sue forme.
I sassi sono dotati di eleganza innata, ma sono discreti,  non amano mettersi in mostra. La loro bellezza cromatica è delicata, tonale, va osservata, ricercata e quasi scoperta. I Sassi e Gaetano di assomigliano, sono elementi in simbiosi mentre lui racconta i sassi, i sassi raccontano di lui.
E così quando osservo un quadro di mio padre, io lo riconosco in esso perché vi trovo i tratti della sua personalità, la sua essenza ed ancora mi stupisce come non si possa sottrarsi all’immediatezza con cui l’arte racconta di noi.
Così eccolo in un autoritratto inconsapevole, elegante, fermo con grande dignità, e nel contempo magico e sognante nel mondo delle sue esplorazioni visive.

Davide Monguzzi


 

La mystique des pierres

Toute matière vivante à d’une manière ou l’ une autre quelque chose à transmettre à l’univers en générale t à l’homme en particulier.
Tant il est vrai que la Parole est lien et communion enytre les persone, elle l’ est en tant que verbe por les hommes qui la reçoive dans son expression audibkle et son fond implicite. Mais des choses l’ homme perçoit une forme, jn bruit, un cri, une couleur, un soufflé,bref une imprssion aux traits si différentes que sa parole peut décrire. S’ intéressant à cette impression qui de loin dépasse en quantité le langagge humain, car il existe des milliards de choses, l’ homme prend conscience  qu’il est témoin, le “rapporteur” de leur message, de leur beauté. De leur place ici et maintenant dans ce vaste univers.
Gaetano Roberto Monguzzi a miss on art au service du langage des  pierres de notre Ile de Corse s’intéressant à leur humble forme, à leurs couleurs, les mettant ensemble révélant ainsi que le langage desplus humbles est toujours le plus vrai.
Les différents tableaux d’expression donnée à ces petites pierres s’ ordonnent à l’intérieur par une disposition de forme set de couleurs qui semble commandée par les pierres elles-mêmes. L’artiste est ici “créateur de la transmission” de la beauté qui lui fait confiance.
N’ est-ce pas la sublime viocation de l’artiste que de donner la parole aux choses les plus ordinaires et l’ accepter humblement que ce qui est dit alors le dèpasse et l’émerveille.
L’ extraordinaire complicità entre les pierre set Monguzzi est au service de ce qui l’ élève l’ âme afin qu’ elle contemple la beauté et la vérité partout présente et portées par tout ce qui vit. Donner la parole aux choses qui en sont les dignes c’est  faire oeuvre d’ humanité et inscrire un plus dans la contemplation de ce qui est éternel.

Pierre Pinelli


“Ricordi fra i Sassi”

Belli, ordinati, geometrici, costruttivi  la  prima  sensazione  è  di sentire la pulizia di un messaggio che la natura ci ha lasciato, ma che noi non sempre riusciamo a vedere.
Travolti dalla caotica vita del fare, non riusciamo più a capire il limite per vedere. Guardavo la composizione, poi piano  piano  ho  incominciato a sentire contatto con i Sassi, li sentivo comunicare, non era solo composizione, era coinvolgimento era il trasmettermi un messaggio di forza della natura di cui facevano parte, per la loro forma, il colore ed erano una nuova strada di comunicazione.

Paolo Montagnini

BIBLIOGRAFIA

Enzo Fabiani
Fides Modesto
Luisanna Dalù
Vito Giuliana
Fabrizio Montalto
Pierre Pinelli
Jean-louis Moretti
Aldo Bartoli
Giorgio Casati
Davide Monguzzi
Romano Bonifaci
Silvio Abbiati
Tony Casalonga
Isabella Giardini
critico d’arte
poetessa
gallerista
poeta
giornalista
arciprete di Calvi
critico d’arte
critico d’arte
critico d’arte
art director
giornalista
scenografo
artista polietrico
giornalista
Alfredo Mastellaro
Paolo Montagnini
Karen Filippini
Karina Vega
graphic designer
pubblicista
giornalista
critico d’arte

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